Emotivamente esaltati ed esaltanti, i suoi dipinti realizzano un equilibrio tra ragione e inconscio, tra ironia dell’ellissi e descrizione narrativa, tra concentrazione e dispersione.

Sandra Giannattasio 1975

Un nuovo alfabeto è ricomposto, una nuova lingua è redatta: un nuovo mondo viene ricreato.

Mariano Apa 1983

Stelman non intende assolutamente copiare la realtà quotidiana. Egli è dotato di una forte e prepotente carica immaginativa a tal punto che è completamente autosufficiente a rideterminare in proprio il ciclo della cosmogonia, dal caos primigenio alla nascita del mondo, che sta lì per nascere, come notato. Ed’ è proprio di questa forza dell’immaginazione che l’arte stelmaniana attinge linfa.

Giorgio Di Genova 1988

L’occhio si perde dentro squarci di azzurro profondo: e le forme metamorfiche che navigano attorno all’orizzonte ne rincorrono la scia, come i legni del naufragio strappati dall’uragano seguono il vortice fino al nucleo.

Mario Rotta 1990

L’analisi punta sull’archetipo, al primario e si fa scienza del visibile. Brandelli d’immagini si addensano sulla tela senza soluzione di continuità, trasformandola in una carta topografica da percorrere e magari da indovinare oltre i suoi stessi limiti fisici.

Giuliano Serafini 1982

Una tensione permanente le affolla di comparti e di oggetti, di visioni e di memorie, di complicazioni simboliche o semplicemente visuali.

Sandra Giannattasio 1975

Il ricorso al simbolo e alle sineddoche corrisponde infatti per Stelman ad una vera e propria tecnica psicoanalitica: i segni che si accumulano sulla superficie del quadro fino a riempirla interamente, ad una lettura più attenta, sono in sintonia con una parallela azione di automatismo dell’inconscio. Non è un caso che l’artista aretino dipinga cominciando dai margini, e non dal centro, facendo cioè “crescere” l’immagine per progressione rettilinea in sezioni verticali, ignorando, almeno all’apparenza, ogni preordinato criterio compositivo.

Giuliano Serafini 1982

La magia dell’arte fa sì che il reale frantumato sia come riassunto alla sua originaria armonia, alla sua originaria composizione unitaria.

Mariano Apa 1983

… quasi il mondo fosse sentito da Stelman come un organismo vivente, magmatico e ribollente … la prassi dell’accumulo di lacerti e brandelli d’immagine, invece, recupera la poetica informale del frammento su basi altre, sostanzialmente visionarie e fortemente connotate in direzione lirico-onirica.

Giorgio Di Genova 1988

La tecnica, già misurata e consapevole, del linguaggio stelmaniano non appare altro che raramente nella sua veste abitudinariamente formalistica. Diciamo anzi che la tecnica di Stelman serve alla definizione in modo pertinente della complessità della dimensione nella quale si muove il suo discorso, quel discorso dicevamo, di relatività microcosmale in cui pure avanza come essenziale la irriducibilità del momento cognitivo, la configurazione di un giudizio che è insieme estetico ed etico sul mondo.

Sandra Giannattasio 1975

Una visione ancora appassionatamente “umanistica” che continua a partire da presupposti deconstruzionistici, per afferrare però un pensiero non più così debole. Nell’epoca della riproducibilità tecnica della trasgressione, tanto rigore filosofico è, di fatto, un’insostenibile provocazione: nei dipinti di Stelman non c’è nulla di manifesto e nulla di ermetico, manca l’autocompiacimento narrativo, forse perfino il puro e semplice piacere della materia, a meno che essa non sia puramente pittorica; e tanto basta per allontanarli da quasi tutte le esperienze contemporanee, che su quei principi, invece, si fondano. Sono allora scritture mentali da decifrare attraverso quel microscopio galante che condensa l’etica del libertino e l’estetica dello scienziato. Sono universi della memoria, che solo l’arte consente, in quanto strumento della conoscenza.

Mario Rotta 1990

…nelle invenzioni di Stelman, tutto appare riconoscibile nel momento in cui si nega alla conoscenza, anche se si tratta ovviamente di una intuizione di tipo subliminale che tende appunto all’equivocità e all’inespresso.

Giuliano Serafini 1982

Il poeta già ci ha indicato il senso dell’immagine: si cammina lungo un muro che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia. Montale, nella sua famosa poesia, aveva già delineato quanto noi si vive dentro il tempo del camminare esistenziale. Il camminare ovvero nel tempo dell’attesa a risposte mai giunte per domande ossessive, per attese snervanti.

Mariano Apa 1983

Celebrate quindi in modo adeguato le emozioni dell’inconscio, l’insondabile fondo implicazionale della realtà interiore ed esterna, la pittura di Stelman si offre quale risoluzione in atto della sua stessa complessità e in definitiva, del suo irrisolto coefficiente di mistero esistenziale.

Sandra Giannattasio 1975

L’insinuazione è trasparente: l’universo di Stelman non vuole né può essere altro che quello mediato dalla convenzione tipografica, dalla riproduzione meccanica. Dunque, un universo di “seconda mani”. La mistificazione ha dato scacco matto alla realtà sostituendosi ad essa e producendo la più mostruosa operazione di mimesi che sia mai stata realizzata. E l’uomo, che è la creatura più adattabile dell’ordine animale, ha dato inizio ad un processo di assuefazione al nuovo habitat scambiandolo per vero, anzi, per l’unico possibile. Il big bang iniziale di questa stagione del mondo potrebbe somigliare alle raggelate cosmogonie di Stelman.

Giuliano Serafini 1982

La pittura di Stelman è la pittura del frammento, dell’immagine spezzata e ricomposta, dell’immagine della vita come riflessa in mille cocci di bottiglia, in cento rigagnoli di uno straripato fiume.

Mariano Apa 1983

Il reale di cui Stelman parla è il reale dell’immagine quantificata, abbrutita dal consumismo della carta stampata e dell’immagine ad uso di consumo sociale: l’immagine offerta dai mass media è l’immagine che mercifica se stessa e diseduca chi la guarda. Allora il pittore compone un collage, un arazzo strapieno di immagini che, tolte al reale della immagine quantificata, sono ricomposte secondo la legge della armonia compositiva, secondo la legge dell’ispirazione creatrice. La pittura quindi restituisce la qualità ed il valore della qualità ad immagini altrimenti destinate al macero della vanità ed alla volgarità del consumismo. La pittura invece invita alla ricezione lenta, alla ricezione meditativa, filosofica addirittura.

Mariano Apa 1983